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Roberto Osculati a Monza per Novaluna
Giuseppe Pizzi


Roberto Osculati
Accolto con vivo interesse e, alla sua conclusione, da convinti e prolungati applausi l'appassionante incontro con il teologo Roberto Osculati proposto da Novaluna il 7 aprile al Binario 7.

Osculati, titolare della cattedra di Storia del Cristianesimo all'università degli Studi di Catania, è monzese ed è dalle idee fondamentali apprese a suo tempo al Liceo Zucchi che è partito per sviluppare il tema “A Cesare quel che è di Cesare”, dandone una lettura colta e originale, ricca di riferimenti storici e letterari alle radici del cristianesimo.

Per Osculati, si impone una distinzione rigorosa fra l'ambito d'azione dello Stato e quello di competenza della coscienza individuale, e non è né opportuno né necessario che Stato e Chiesa inseguano difficili concordanze, anzi, sarebbe idealmente auspicabile che lo Stato ignorasse le religioni nel perseguimento dei suoi fini. Distinguere fra “Ciò che è di Dio” e “Ciò che è di Cesare” esige di considerare tre grandi categorie religiose e prendere in esame la loro interrelazione.

La prima è la religione della coscienza, quella che ha a che fare con la libertà, l'autonomia e la problematicità della persona, quella che ha ispirato il grande messaggio del cristianesimo delle origini e che poi è stata lungamente soffocata per riaffacciarsi prepotentemente solo in epoca contemporanea con il Concilio Vaticano II. Ognuno è solo di fronte a se stesso, i suoi dubbi, le sue domande, i suoi dilemmi non sono delegabili ad altri, non c'è nessuno che possa sostituirlo nell'affrontare le questioni che lo riguardano.

La seconda è la religione delle Chiese, con i loro riti e la loro dottrina, che in Italia ha avuto un ruolo nei secoli particolarmente importante per la presenza della Chiesa cattolica.

La terza è la religione civile espressa dall'ordinamento dello Stato, con la sua autorità e le sue leggi continuamente soggette alla mutevolezza delle condizioni storiche.

Il primato spetta alla religione della coscienza, che talvolta si incontra talvolta si scontra con le tradizioni e i dettami della religione ecclesiastica, mentre la religione dello Stato si regge su ragioni e motivazioni che nulla hanno da guadagnare dalla contaminazione con le convinzioni degli individui e le dottrine delle Chiese.

D'altro canto non c'è cenno alcuno nelle fonti originarie del cristianesimo delle questioni che oggi in Italia animano il dibattito fra le culture rispettivamente identificate come laica e cattolica, questioni tipiche di una società agiata, protetta ed egoista, da Osculati impietosamente definita piccolo-borghese.

I primi cristiani vivevano l'etica spirituale della loro comunità nel contesto storico dell'impero romano che era retto invece da un'etica statuale dura e spesso feroce, antitetica a quella professata dai cristiani, e tuttavia accettata per la sua funzione, che era quella di affermare ed espandere il proprio potere garantendo la pace fra i popoli e la convivenza delle religioni. Paolo arriva a definire lo Stato romano “diacono di Dio”, l'impero di Nerone è provvidenzialmente visto al servizio di Dio nella funzione di premiare il bene e punire il male e, per spietate che siano le sue leggi, è nell'ambito di queste leggi che il cristiano deve e può testimoniare il proprio ideale. Analoghi concetti si ritrovano in Pietro, e successivamente negli Atti degli Apostoli e in Luca e Matteo, scritti negli anni in cui reggitori dell'impero erano Tito e Vespasiano.

Diversa è la prospettiva dell'Apocalisse, che si colloca nel periodo di Domiziano, il principe che si autodivinizza e che, con l'imposizione della sua divinità, dà inizio alla coercizione delle coscienze e alla persecuzione delle persone. E'a questo punto che lo Stato, da tutore magari crudele delle relazioni fra gli uomini diventa il persecutore della loro libertà interiore, diventa Satana sotto mentite spoglie, la grande prostituta con cui hanno fornicato tutti i re della terra, che fa commercio di tutto, anche delle vite umane.

Con una parentesi proiettata nel tempo, Osculati ricorda che l'aspetto diabolico dello Stato, lo Stato che costringe al silenzio delle coscienze a pena di morte, le piega all'immagine del principe e le converte alla sua volontà, si ritrova in epoca moderna nei romanzi di grandi autori della prima metà del novecento, principalmente tedeschi come Fallada, Wiechert, Remarque, le cui vicende raccontano l'immane tragedia dell'esperienza cristiana messa alla prova e finalmente travolta dalla furia prevaricatrice della guerra, del nazismo, dell'odio.

L'assorbimento del cristianesimo nella realtà costitutiva dello Stato romano avviene con Costantino che concede la libertà di culto e il riconoscimento dell'autorità dei vescovi, di fatto assimilati a magistrati romani con poteri sempre più ampi fino a che Teodosio nel 380 dichiara la religione dei vescovi religione di Stato obbligatoria. Da Teodosio ai nostri giorni l'idea di sovrapporre e associare un cristianesimo sempre più burocratico, fastoso, autoritario alla struttura dello Stato per dargli e riceverne sostegno non è mai stata abbandonata, neanche alla caduta dell'impero di Roma poiché il cristianesimo nella sua forma rituale e organizzativa non è caduto e si è collegato con gli Stati che gli sono succeduti.

E' così che Il lascito di Teodosio si fa sentire ancora oggi, che la simbiosi fra religione della Chiesa e religione dello Stato continua ad operare a svantaggio della religione della coscienza nelle regioni del mondo in cui la cristianità è sopravvissuta alla romanità.

A questa deriva burocratica si sono però opposti nel Medioevo movimenti di cristianesimo radicale come il monachesimo e il francescanesimo: via dal lusso, via dalle questioni politiche e amministrative, via dai palazzi e dalle città per andare alla vita essenziale dei boschi, alla solitudine, allo studio, al lavoro, alla meditazione e alla preghiera.

Nello sciagurato periodo a cavallo fra il 16° e il 17°, con l'affermarsi dell'idea di nazione, nascono e si scontrano i cosiddetti i cristianesimi nazionali. L'Europa è letteralmente messa a fuoco e fiamme in una successione interminabile di crudeltà, esilii, assedii, massacri, tutti compiuti in nome di versioni di cristianesimo che gli interessi dei principi hanno asservito ai loro interessi. “Cuius regio eius et religio”, la religione del principe è anche quella del suddito, un orrore che gli assertori delle radici cristiane dell'Europa non dovrebbero dimenticare.

Nell'Italia di oggi il rapporto fra Stato e Chiesa è reso particolarmente intimo e intricato dalla presenza del papato. Roma è una doppia capitale in cui si intrecciano, in un instabile equilibrio controllato per quanto possibile dai Patti Lateranensi, due contigui sistemi di potere. La coalizione sancita da Teodosio fra religione statale e religione ecclesiastica minaccia ancora ai nostri giorni di impoverire e soggiogare la religione delle coscienze.

Giuseppe Pizzi

Le altre conferenze del ciclo:

IMPORTARE LA DEMOCRAZIA? – Vittorio Zucconi
– I PREDATORI DELL'ARTE PERDUTA – Fabio Isman – martedì 21 aprile
– LA COSTITUZIONE: SANA E ROBUSTA? – Giovanni Sabbatucci – giovedì 14 maggio


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  4 aprile 2009